L’oro a terzo fuoco

Oro a terzo fuoco
Orecchini con ceramica oro a terzo fuoco

Con il termine oro a terzo fuoco, in ambito ceramico, si fa riferimento alla terza cottura che viene applicata ad un oggetto che ha già subito una prima cottura del supporto, o biscottatura, e una seconda cottura dello smalto o smaltatura, per aggiungere successivamente le decorazioni nelle molteplici tecniche.

Una particolare categoria di “colori” a terzo fuoco sono tutti i lustri (colori con effetto metallizzato) e metalli (oro, argento, ecc.) a cui è dedicata la terza cottura a temperatura specifica.

La tecnica del lustro è apparsa per la prima volta nell’Iraq abbaside. Successivamente, la svilupparono i Fatimidi in Egitto per poi essere impiegata con successo dai Selgiuchidi iraniani.

Nella storia della ceramica e tra tutti gli stili di decorazione della ceramica, lo smalto dorato ha sempre affascinato le persone per il suo bagliore e il suo riflesso. Le piastrelle dorate iniziarono ad essere utilizzate per decorare i mihrāb all’inizio del VII secolo. Questi capolavori rimasti dai periodi Khārazmshāhi, Mongolo, Ilkhanato e persino Timuride rappresentano la sintesi delle tecniche decorative utilizzate per la costruzione dei mihrāb.

Le tecniche ceramiche furono trasmesse in Spagna, dove il regno dei mori rimase fino al tardo ‘400, e da qui, attraverso Maiorca (l’etimologia generalmente accettata è quindi Maiorca, o nella sua forma antica Maiorica o Maiolica, un’etimologia più logica di quella tratta da Malaga proposta da Glück in Der Kunst des Islam), arrivarono a Firenze, Deruta, Faenza e Pesaro.

L’apice dell’ars ceramica fu raggiunto in Italia dalla produzione cinquecentesca.

Lo Stile Bizantino, ispirato ai mosaici dell’epoca bizantina, portano luce e ricchezza all’opera; esempi di tale bellezza sono i mosaici delle chiese di Ravenna, Costantinopoli, Salonicco, Chios, Venezia, Palermo, Cefalù, la cui caratteristica particolare è il fondo, di solito in oro.

Nel campo delle maioliche decorate con il colore dorato ricordiamo Antonio e Lorenzo Pignani che ottengono il titolo di privativa nel 1673.

L’oro che nell’antichità classica, paleocristiana, medievale e rinascimentale, è la sintesi di luce e spazio, in epoca barocca l’oro è la massima esaltazione dell’ornamento.

Nel ‘700 la doratura è stata la fase finale della decorazione delle porcellane di Vincennes e Sèvres. La doratura era estremamente costosa ma anche importante nell’era del lume di candela, poiché rifletteva la luce aggiuntiva sul tè o sul tavolo da pranzo.

La fabbrica di Vincennes iniziò a decorare con oro a fuoco nel 1748, dopo aver acquistato una ricetta da un monaco benedettino. La decorazione più elementare, copiava i semplici filetti o fascette usate nella manifattura Meissen.

La ricca decorazione in oro in stile neoclassico era caratteristica dei servizi da tavola di Sèvres realizzati per Caterina la Grande di Russia nel 1778-9 e Luigi XVI nel 1783-92. Alcuni pezzi hanno ricevuto fino a tre strati d’oro, simili a sculture a bassorilievo una volta finiti. Lo stile impero sostituisce il neoclassicismo: i decori acquistano campiture a tinta unita anche d’oro.

Con l’inizio del Novecento si apre quindi in Italia la stagione del liberty, grazie anche alla diffusione nella penisola della moda neo cinquecentesca, di poco precedente. L’inizio secolo vede, infatti, il diffondersi di un forte sentimento di revival, che porta alla creazione di molte opere ispirate all’arte bizantina, medievale o rinascimentale dove l’oro non poteva mancare.

L’applicazione a terzo fuoco dell’oro in ceramica rappresenta una tecnica espressiva sofisticata che conferisce grande luminosità e valore materiale all’opera.