IL BATTILORO: PATRIMONIO CULTURALE IMMATERIALE DELL’UMANITA’

pendente in ceramica con foglia d'oro prodotta da battiloro
pendente in ceramica con foglia d’oro prodotta da battiloro

Se in epoca romana avessi avuto bisogno di dorare un mobile mi sarei recata da un auraturis, addetto cioè alle dorature che, nella sua taberna aureficina, mi avrebbe accontentato. L’artigiano a sua volta avrebbe sicuramente chiesto ad un Aurĭftx, un orafo, che avrebbe affidato il delicato compito di procurargli la preziosa foglia d’oro ad un proprio dipendente specializzato e chiamato brattiarius o addirittura al suo inaurator o deaurator, il doratore.

Plinio precisava che 27 grammi (una oncia) di oro potevano essere assottigliati per fornire 750 foglie delle dimensioni di 750 millimetri quadri. Una proporzione mantenuta dalla tradizione orafa della nostra penisola.

L’oro si applicava, come i colori, col pennello e in forma di oro liquido, ma si impiegava anche il metallo in forma solida. Infatti, a partire dal secolo XII, gli artisti preferivano ì fondi con oro brillante come è chiaramente visibile specialmente in molti manoscritti eseguiti a Parigi.

Cennino Cennini nel Quattrocento, spiegava, ai capitoli 57 e 58 del suo “Il Libro dell’arte”, il modo “…per mettere d’oro in carta” nella realizzazione delle miniature. In Italia nel XIV secolo, si impiegava ordinariamente una miscela di gesso fino e di bolo d’Armenia, incorporata nel bianco d’uovo o nell’acqua di colla. Una volta posta e ben aderita la foglia d’oro, la si lucidava o bruniva con un brunitoio o colla pietra pomice.

Anche Isotta Jewels applica l’oro sui propri gioielli, nel pieno rispetto della tradizione rinascimentale, applicando, rispettivamente, l’oro a terzo fuoco sulle proprie ceramiche o sulle proprie gemme e la foglia d’oro prodotta dai pochi battiloro che ancora custodiscano la tradizione della loro arte, che dovrebbe essere proposta all’Unesco per il riconoscimento come patrimonio culturale immateriale, come hanno già fatto il loro omologhi austriaci.